Tommaso Realfonso, detto Masillo, Un audace epigone del naturalismo seicentesco |
NapoliNews - Arte | |||
Scritto da Achille Della Ragione | |||
Venerdì 13 Novembre 2009 10:54 | |||
Tommaso Realfonso, detto Masillo, Un audace epigone del naturalismo seicentesco La formazione del Realfonso avviene sul finir del secolo nella bottega del Belvedere fino al 1694, quando il pittore si trasferì in Spagna ed è documentata da una serie di tele di cultura più antica raffiguranti fiori e frutta, in particolare uva e ciliegie, mele e pere, quasi tutte siglate e conservate nel museo Duca di Martina(fig. 1 – 2 – 3) ed in alcune collezioni private napoletane(fig. 4 – 5 – 6), dove a volte compaiono anche degli ortaggi. Nonostante il saldo impianto compositivo di derivazione dal Belvedere tutti questi quadri si differenziano da quelli degli altri allievi e dei tanti imitatori del maestro, discostandosi dal gusto barocco dei fioranti contemporaneamente attivi a Napoli per il taglio ravvicinato e la soffusa partitura luminosa, un indice significativo della precocità della ripresa dei modi pittorici seicenteschi, che si manifesteranno chiaramente nei decenni successivi. Fu il Bologna ad inquadrare l’importanza dell’artista in un momento comune a tutta la cultura europea della metà del secolo, che ebbe a Napoli una stagione felice tra ripresa naturalista in pittura ed affermarsi delle idee illuministe, con la fondazione nel 1732 ad opera di Celestino Galiani e Bartolomeo Intieri dell’Accademia delle Scienze, ispirata al pensiero filosofico di Locke ed alle scoperte di Newton. Furono anni in cui un clima di sperimentalismo neo caravaggesco si diffuse in area padana grazie a Giuseppe Maria Crespi, Arcangelo Resani e Giacomo Ceruti ed all’estero ebbe momenti di grande splendore attraverso l’opera dello spagnolo Luis Melendez, presente alcuni anni a Napoli e suggestionato dalla visione di alcuni tra i migliori esiti della pittura di genere del Realfonso e del Nani ed in Francia dove si toccarono vette di qualità con il parigino Chardin. In questo milieu nascerà anche la pittura di Gaspare Traversi, acuto indagatore della società borghese dell’epoca, ripresa con un gusto caricaturale, ma con una precisione nel dettaglio fisionomico di chiara ascendenza caravaggesca. Vi sono un nucleo di dipinti firmati e datati tra il 1731 ed il 1740 che permettono di documentare con precisione la sua maturazione culminata nella appropriazione del gusto naturalistico seicentesco. “Processo che, finalizzato al tentativo di restituire concretezza di materia e verità di lume al dato naturale ed oggettivo, era già iniziato anni prima, anticipando su tutt’altro versante lo stesso ritorno neobarocco dell’anziano Solimena e ponendosi come precedente assoluto della ripresa di fatti caravaggeschi condotta dalla metà o dalla fine degli anni’40 dal Traversi nel campo della pittura di figura”(Spinosa). In questi anni il Realfonso abbandona gli aspetti più sontuosi della pittura del maestro in favore di una nuova essenzialità di linguaggio, in virtù della quale “i fiori belvederianamente più esornativi tornano di colpo alla verità vegetale”(Bologna), mentre nelle numerose tele con ortaggi, ceste di frutta e specialità culinarie della tradizione napoletana l’intonazione scura e la maniera con la quale gli oggetti escono dall’ombra dimostrano la perseveranza della scelta luministica dell’artista, come si può apprezzare in molte tele conservate in collezioni private italiane(fig. 7 – 8 – 9 – 10 - 11) o nella bella natura morta(fig. 12) con vasi, caraffe, tazze e dolciumi, firmata, transitata sul mercato milanese e collocabile ai primi anni Trenta. I dipinti che hanno permesso una puntuale ricostruzione del suo percorso artistico, firmate e datate, sono quelle fatte conoscere dal Testori in collezione Frangi a Milano e nella fondazione Longhi a Firenze. Alla prima, datata 1731(fig. 13), sono state avvicinate anche, dal Bologna, una tela, firmata e datata 1740, presso l’antiquario Lorenzelli a Bergamo, che riprende fedelmente alcuni dettagli della composizione milanese e da Spinosa una Natura morta con volatili conservata nel museo nazionale di Budapest, dove viene attribuita dal Nyerges ad un ignoto allievo di Giovan Battista Recco. La seconda(fig. 14), una Natura morta con frutta, ortaggi e prosciutto, eseguita nel 1737, venne rubata e riconosciuta sul mercato dal critico d’arte che la pubblicò. Inoltre una natura morta con asparagi, uova e pere(fig. 15) del 1735 in collezione Maglione a Napoli ed una tela datata 1739 in una raccolta di Barcellona, pubblicata dall’Urrea. Bibliografia De Dominici B. – Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani Vol. III, pag 577 – 578 - Napoli 1742 - 45
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Ultimo aggiornamento Sabato 14 Novembre 2009 20:26 |