Giacomo Nani pittore napoletano di natura morta
Giacomo Nani (Porto Ercole 1698 – Napoli 1755), pittore di nature morte, fu allievo secondo il De Dominici di Andrea Belvedere e di Gaspare Lopez e riprese in pieno Settecento una pittura di ispirazione naturalista in linea con quanto anticipato da Tommaso Realfonso. Si sposò nel 1726, dichiarando nel processetto il suo mestiere di pittore ed ebbe come testimone il principe di Bisignano, Luigi Sanseverino, a dimostrazione di un’introduzione come artista negli ambienti della nobiltà napoletana. Ebbe vari figli ed il primogenito Mariano seguì le orme paterne trasferendosi poi in Spagna dove proseguì la sua attività.
Le prime opere del Nani vengono descritte in un inventario del 1723 della duchessa di Terranova ed in seguito nel 1725 troviamo quattro suoi quadri di fiori nel testamento del duca di Limatola. Interessante è la notizia di una collaborazione con Paolo De Matteis, il quale realizza le figure in alcune sue composizioni. Seguendo il racconto del De Dominici apprendiamo poi che il pittore esegue dipinti anche per il re in persona ” dipingendo per lui varie cacciagione ed altre galanterie”. Ed a conferma di queste committenze vi è la presenza di numerosi suoi quadri sia nel Palazzo Reale di Napoli che di Caserta. Ricordiamo poi una serie di ben ventiquattro tele, oggi conservate a Riofrio in Spagna, che vennero inviate dal re come regalo alla madre Isabella Farnese e che un inventario del 1746 segnala nel Palacio de La Granja a Segovia. Importante è l’opera del Nani nell’ambito della manifattura di porcellane di Capodimonte fondata nel 1740, dove realizza motivi di natura morta su piatti e vasi, collaborazione certamente durata a lungo, come dimostra una dichiarazione del 1754 del direttore della fabbrica Giacomo Boschi, che dichiara “già da diversi anni stava nella Real fabbrica Giacomo Nani appunto per la dipintura di animalli e delle cose naturali”. Nella manifattura lavora anche il figlio Mariano, il quale, nel 1755, possiede la qualifica di “pintor decorador”, attività che proseguirà sia a Capodimonte dopo la morte del padre, avvenuta proprio in quell’anno, sia in Spagna presso la Manufactura del Buen Retiro di Madrid. La data della morte del pittore, il 2 febbraio 1755, scoperta dal Sanchez Lopez, il quale ha reperito la notizia del seppellimento del pittore nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Capodimonte, anticipa di quindici anni quella che si riteneva fosse la data del suo decesso. Nel considerare l’opera di Giacomo Nani bisogna partire dal giudizio del De Dominici, che lo considerava il miglior allievo del Belvedere” pittore universale in tutto quelo che puo dipingere un professore”. Tra le sue fonti ispirative un posto di rilievo occuparono Gaspare Lopez(Napoli – Venezia circa 1732) detto Gasparino e Tommaso Realfonso(circa 1677 - documentato fino al 1743) detto Masillo. Un certo influsso esercitò sul suo stile anche l’esempio di Jean Baptiste Dubisson, portatore a Napoli dei modi pittorici del de Monnoyer. Tra i suoi lavori molti sono firmati, ma solo uno datato, per cui diventa arduo delineare il suo percorso artistico. Il nucleo più importante della sua produzione è rappresentato dalla pittura di fiori, un genere molto popolare sia a Napoli che in Spagna in quegli anni. Le sue prime opere documentate sono a soggetto floreale, come la splendida Anfora(fig. 1) del museo di Capodimonte in sottoconsegna nel palazzo di Montecitorio a Roma. In seguito il Nani introdurrà altri elementi nelle sue tele come vasi, cestini, fontane, e sullo sfondo giardini o boschi frondosi con grande effetto decorativo in linea con l’imperante gusto rococò. In alcuni casi eseguirà dei prelievi letterali da quadri del suo maestro Lopez, come possiamo osservare in alcune composizioni conservate nel museo di Capodimonte e nel Kuntshistorisches di Vienna. Nelle sue composizioni si osserva una certa luminosità ed una buona cura della prospettiva. In seguito unirà ai fiori, ortaggi e frutta, un tema decorativo proprio del rococò, che sarà coltivato da altri pittori a Napoli negli stessi anni come Gaetano Cusati, Nicola Malinconico, Giorgio Garri e Nicola Casissa. Validi esempi di questo genere di composizioni sono conservati presso l’Accademia di San Ferdinando a Madrid. Un altro dipinto con queste caratteristiche: Fiori ed ortaggi(fig. 2), è quello transitato sul mercato antiquariale viennese. Nei quadri del Nani compariranno poi alimenti, cacciagione e pesci sottoposti ad un’indagine di tipo luministico, con un rispetto del dato oggettivo, che potremo qualificare come neo naturalista. Alcune volte sullo sfondo compare un paesaggio boscoso(fig. 3), altre volte i soggetti raffigurati sono posti su un piano d’appoggio(fig. 4 – 5). La grande passione del sovrano verso la caccia indusse il pittore a ritrarre spesso gli esiti di questa passione, materializzati in aggruppamenti di selvaggina passata per le armi reali…(fig. 6 – 7). Nei suoi dipinti di argomento ittico, la qualità non troppo alta dei suoi quadri(fig. 8) ci rammenta, più che i magistrali esiti di un Giuseppe Recco, le opere più modeste del suo figliuolo Nicola Maria, specializzatosi nell’esecuzione di soggetti marini. Altre volte compaiono gli immancabili maccheroni(fig. 9) ed altri alimenti dell’epoca ed in particolare, nella serie inviata ad Isabella Farnese e conservata in Spagna, sono rappresentati, come in uno scelto menù, gran parte dei piatti che si servivano in quegli anni sulle tavole dei napoletani. Alcune volte le rappresentazioni sembrano ricordare l’arte presepiale, che in quegli anni raggiunse l’apice in ambiente napoletano, con la comparsa di simpatici asinelli(fig. 10) ad arricchire la scena. In questi quadri palpabile è l’esempio di Baldassarre De Caro, indiscusso specialista nel ritrarre animali e cacciagione. A conclusione di questa carrellata sull’attività del pittore, ricordiamo che la sua produzione, oltre che nei musei napoletani(Capodimonte, San Martino, Duca di Martina, Palazzo reale di Napoli e di Caserta) ed in numerose collezioni private italiane e straniere è conservata a Godesberg, Magonza, Einsiedeln ed al Pardo. Vogliamo inoltre trattare brevemente il possibile influsso che ebbe il Nani sull’attività del grande pittore spagnolo Luis Melendez, presente a Napoli per tre anni a partire dal 1750 ed i commenti che negli ultimi cinquanta anni sono stati riservati alla sua opera dai maggiori cultori della pittura di genere napoletana. Il Roli aveva indicato nell’opera del Nani il tramite attraverso il quale il grande generista spagnolo aveva preso ispirazione, mentre il Bologna riteneva che Melendez fosse stato suggestionato principalmente dagli esempi del Realfonso. Causa ed il Bottari, in riferimento ai suoi dipinti più caratteristici: fiori, quarti di carne, pezzi di salumi o uccelli morti, intravedevano”una certa ansia nostalgica di riprese seicentesche; che però l’artista non aveva né la forza né il garbo di riepilogare”. Spinosa, massimo studioso del Settecento napoletano, nel tratteggiare lo sviluppo della pittura di genere nella prima metà del secolo affermava:”Le presunte riprese seicentesche del Nani non vanno mai oltre il recupero, del tutto esteriore, attardato e oramai quasi di maniera, di motivi tematici della natura morta di matrice naturalistica e caravaggesca, mai dell’essenza più intima e produttiva di quei fatti antichi e seicenteschi come fu per Realfonso. Per di più, come conseguenza anche di questo rapporto di superficie con gli esempi del passato e soprattutto come segno di una sostanziale appartenenza ad un’area di generico decorativismo di tradizione belvederiana, anche Nani, come tutta la lunga schiera di fioranti attivi fino alla terzo decennio del secolo, portò avanti, ben oltre la metà del Settecento, soluzioni di gusto barocchetto”. Achille della Ragione
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