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Napoli: Serie b2 maschile girone g

Esordio vincente per il Rione Terra Pozzuoli Volley che espugna il campo della Virtus Tricase Volley nella prima di campionato di serie B2. La squadra di coach Costantino Cirillo è stata fin dall'inizio attenta e non ha lasciato scampo agli avversari determinata di centrare il successo. L'1-3 come risultato finale lascia ben intendere cosa i gialloblù hanno speso sul parquet in terra pugliese. Il primo set è equilibrato con il Rione Terra che riesce a mettere a terra nel finale i punti decisivi vincendolo per 21-25.

Newsflash Ischia

Ischia: Per la prima volta all'isola d'ischia il servizio di Ischiawifi internet e telefonia Voip 24/24. Call Center 19301328

Ischia Wifi è un servizio di connettività Internet e telefonia VoIP, messo a disposizione dell’utenza tramite WADSL (Wireless ADSL). L'azienda nasce da un accurato studio ed esperienza del mercato wireless in tutti i suoi aspetti più ragionevolmente conosciuti come la diffusione di Internet ad alta velocità (banda larga) in ambienti circoscritti che siano aperti, come valli, comuni o intere città, oppure per ambiti più ristretti come piazze, locali, attività ricettive e commerciali fino ad arrivare a fornire un servizio di tipo residenziale con inclusa telefonia VoIP.

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Capri: Capri watch, domani a Napoli cocktail con Veronica Maya per Millefiori triplo brindisi per il brand che inaugura cosi' il primo flagship store partenopeo

Triplo brindisi per Capri Watch domani sera a Napoli con Veronica Maya, testimonial femminile del brand e madrina dell’evento con cui l’azienda di orologeria glamour in un colpo solo festeggerà con i suoi fedelissimi il Natale ormai alle porte, certo, ma anche due eventi molto attesi da tutti i suoi fan: l’inaugurazione del primo flagship store partenopeo, in piena via Filangieri, e la presentazione in anteprima della nuovissima collezione “Millefiori” con cui l’azienda intende accompagnare le ore dei trend addicted internazionali per tutto il 2015.

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Casamicciola: Sabato 5 luglio 2014 alle ore 11 al Capricho de Calise in Piazza Marina di Casamicciola Terme, su invito del Sindaco Giovan Battista Castagna

si incontreranno i Sindaci dei Comuni delle isole Ischia,Procida e Capri
ed il Sindaco di Napoli, nella qualità di prossimo Sindaco dell’Area Metropolitana,
per confrontarsi sul da farsi per dare assetto e dignità al trasporto marittimo.

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Roma: Vasto Film Fest XX edizione

Mercoledì 5 agosto 2015 – ore 11
Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale
Via Tuscolana 1524, 00173 Roma
Interverranno:
Luciano Lapenna – Sindaco Comune di Vasto
Vincenzo Sputore - Vice sindaco e Assessore con delega al turismo e cultura Comune di Vasto
Michele D’Annunzio – Dirigente settore turismo e cultura Comune di Vasto
Marcello Foti - Direttore Generale del Centro Sperimentale di Cinematografia
Gabriele Antinolfi - Direttore Cineteca Nazionale
Daniela Poggi – Conduttrice Vasto Film Fest
Stefano Sabelli – Direttore artistico Vasto Film Fest

Isola News

Siamo o non siamo reclusi ... siamo agli arresti domiciliari per colpa del Covid19 ...

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Mi sembra una farsa bianco, giallo, arancione e rosso ... le regioni che di settimana in settimana cambiano di colore ... Assistiamo a grafici, percentuali, disegni, tabella 9, tabella 11, News ogni 5 minuti, ci bombardano di notizie di matematica ...

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Napoli: I dipinti e gli affreschi per le chiese napoletane (2° puntata) PDF Stampa E-mail
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NapoliNews - Arte
Scritto da Achille Della Ragione   
Giovedì 05 Maggio 2011 18:52

Napoli: I dipinti e gli affreschi per le chiese napoletane (2° puntata)

Un ritorno al tenebrismo delle origini e comunque alla lezione vaccariana è presente, sempre nel 1671, nelle due ampie composizioni per la Pietà dei Turchini, raffiguranti la Nascita di Maria(fig. 1) e la Morte di S. Anna (fig. 2).

I due dipinti sono immersi in un’aura di misticismo con ombre ora cupe ora leggere, rese con leggiadra maestria attraverso un cromatismo delicato.
S. Anna nel letto, subito dopo il parto, riceve la profezia con gli occhi sollevati al cielo, imitando la maniera del Reni, mentre un gruppo di puttini è intento a giocare tra panneggi azzurri. A sinistra la piccola Maria, raggiante di luce è in grembo ad una donna con un turbante orientale, un dettaglio caro al Farelli che lo ripeterà spesso nelle sue composizioni, a guisa di firma criptata. Un’altra donna, presa di spalle mentre prepara dell’acqua in un bacile, si volta sorpresa a fissare un uomo che sembra accecato dalla luce radiosa che emana dalla bambina appena nata.
Nella scena della morte S. Anna appare col volto emaciato devastato dal dolore e dalla vecchiaia, mentre Maria, misericordiosa,  cerca di confortarla. Gesù Bambino alza le mani al cielo e San Giuseppe è seduto ai piedi del letto nel suo mantello giallo oro. Un arcangelo domina dall’alto la scena in un brillio di colori argentei, mentre altri angeli e puttini si avviano verso l’alto per accompagnare l’anima della moribonda.
Il De Dominici racconta che i due quadri furono molto apprezzati ricevendo le lodi non solo dai professori, ma dagli stessi Giordano e Solimena.
L’anno successivo nella grande pala (fig. 3), firmata e datata, posta sull’altar maggiore della chiesa della Redenzione dei Captivi, il Farelli innesta in un neovenetismo di ispirazione giordanesca elementi del classicismo bolognese, giungendo ad esiti di espressionismo esasperato.
Il De Dominici apprezzò molto la grande pala: "In somma è quest'opera degna di ogni laude, così per l'espressiva, come per lo disegno el bel colorito, ch'è molto vago, e per l'ottimo componimento, concepito con idea nobile, e con decoro delle figure, che fanno ornamento a si bella pittura".
Il Pavone in linea con le parole del celebre biografo ha constatato che il dipinto “pur conservando una marcata impronta tenebristica che coinvolge le figure della parte inferiore, parzialmente debitrici di ricordi naturalistici, rivela notevoli propensioni verso un recupero del naturalismo fiorentino, specie nella sottolineata ricchezza degli abiti del mercante e del suo collaboratore dal copricapo piumato. Traspare una volontà di riagganciarsi a quel filone controriformistico napoletano che aveva avviato la controproposta al linguaggio caravaggesco, facendo leva sulle tinte scure di matrice bassanesca. Interviene a questo punto la confluenza verso l'operato del Di Maria, cui sono riconducibili le accentuate torsioni degli schiavi, ma anche il rilievo dato ai volti giovanili legati alle tipologie del Domenichino. Un più movimentato marchio chiaroscurale, denso di riferimenti al Beinaschi del primo periodo napoletano, caratterizza la scena superiore, contraddistinta dal groviglio dei corpi angelici sovrastati dalla Vergine, la cui tipologia impronta le tele di S. Giuseppe a Chiaia e di S. Maria della Stella”.
Il riscatto degli schiavi è rappresentato da un cristiano che giunge con una barca ad un lido turco ed offre un sacco d’oro al mercante, mentre uomini, donne e bambini esprimono la loro gioia ed incredulità attraverso un eccitato dinamismo. Tutta la parte superiore della tela è occupata da un gruppo affollato di angeli che sorreggono la Madonna col Bambino.
La composizione appare ben equilibrata, inquadrata in una prospettiva profonda con un piccolo paese sullo sfondo, ma è dominata dai gesti molto vivaci, dai gruppi troppo intrecciati e dall’esplosione dei sentimenti, che rendono la composizione quanto mai espressiva.
Di poco successive sono le tele nella chiesa di S. Maria Egiziaca a Forcella, in pessimo stato di conservazione: un San Nicola di Bari mentre salva il fanciullo coppiere(tav. 1) ed ai lati una Madonna col Bambino ed un Arcangelo Michele, in cui riaffiorano momenti di integrazione al linguaggio giordanesco, non disgiunti da un recupero iconografico ed il San Ruffo (tav. 2) della chiesa eponima, commissionato da Fabrizio Ruffo, duca di Bagnara, il quale raffigura in basso a destra, il santo, in primo piano con la spada, che rappresenta il suo simbolo iconografico. Egli calpesta la bandiera dei turchi sconfitti, indossando un’ampia veste rosso fuoco, impreziosita in petto da una croce bianca a rappresentare simboli e colori dei cavalieri di Malta.
Vicine stilisticamente ed intrise dagli stessi colori al San Ruffo sono le due poco note tele della chiesa di S. Stefano a Capri, raffiguranti il San Costanzo che libera l’isola dai saraceni (tav. 3) ed il  Martirio di S. Stefano (tav. 4).
Del 1675 è il dipinto conservato nella parrocchiale di Secondigliano da taluni studiosi ritenuto disperso, che il De Dominici descrive come Nostro Signore con i dodici apostoli nell’atto di istruire il Santissimo Sacramento e che invece raffigura il Redentore con i santi Cosma e Damiano. Esso è  ancora in situ, non è firmato ed ha  sul retro una iscrizione dedicatoria con la data di esecuzione.
Difficile datare il Cristo servito a mensa dagli angeli collocato nel corridoio che conduce alla sacrestia nella chiesa di S. Teresa agli Studi, assegnato al Farelli dal Galante e non citato in nessuna delle altre guide cittadine. L’attribuzione del dipinto, poco visibile, è stata confermata dalla Tecce.
Altro dipinto di incerta attribuzione e di difficile datazione è quello conservato nella cappella a destra dell’altare nella chiesa di S. Teresa a Chiaia, assegnato al Nostro dalla Pagano e raffigurante la Vergine che dà lo scapolare a S. Simone Stock.
Disperso nella chiesa di S. Pantaleone e S. Mattia un Crocefisso, ricordato dal Galante, che lo riteneva tra le più belle pitture del Farelli.
In San Pietro ad Aram nella seconda cappella destra è conservato un San Bonaventura nel deserto assegnato al Farelli da Spinosa.
Nella derelitta chiesa di San Giovanni Battista delle monache, chiusa da tempo immemorabile, si conservava del Farelli, nel corridoio che porta alla sacrestia, un’incredulità di San Tommaso, forse dimenticata in qualche deposito della sovrintendenza o più probabilmente dispersa.
Il De Dominici ricorda l’opera del Farelli nella chiesa del Gesù Nuovo, dove dipinse “l’arco della cappella del reggente Fornaro, a fresco sulla tonaca, delle quali pitture fu ben riconosciuto e n’ebbe molta lode”.
Gli affreschi raffigurano tre Virtù (tav. 5) e furono realizzati nel 1688 nel sottarco del secondo arco a sinistra fra la navata centrale e la navata minore, in corrispondenza della cappella Fornaro; nello stesso tempo egli realizzava anche il primo sottarco a sinistra, in corrispondenza della cappella dedicata ai SS. Martiri, il quale, andato in rovina, fu ridipinto nel 1789 da Vincenzo De Mita.
Farelli in precedenza, nel 1669, come si evince da un contratto notarile pubblicato dal Delfino, si era impegnato a decorare tutta la cappella Merlino, ma non avendo rispettato l’impegno la committenza passo al Giordano, il quale affrescò la cupola distrutta poi dal terremoto del 1688.
I due dipinti conservati nella chiesa di San Giuseppe a Chiaia, raffiguranti il Riposo nella fuga in Egitto(tav. 6) ed il Transito di S. Giuseppe (tav. 7) appartengono alla piena maturità del Farelli e furono eseguiti nel 1690 e non nel 1673, come riferito dal De Dominici, una data ripresa da tutta la critica fino alla recente scoperta del documento di pagamento. Una circostanza che ha falsato tutte le ricostruzioni dell’attività del pittore.
Essi offrono la chiara testimonianza di una ripresa di toni vaccariani legati ad una più ampia formulazione figurativa, ma anche di una riproposta di connotazioni naturalistiche racchiuse in un più marcato contorno disegnativo, con una predilezione per l’addensamento delle ombre anche nei primi piani.
Il Pavone nel commentare le tele ha sottolineato nel riposo durante la fuga in Egitto la figura del San Giuseppe, il quale stende una mano rugosa e tinta di scuro che richiama quella del vecchio posto al centro del Cristo e l’adultera già in collezione privata a Salerno e nello stesso tempo nel Transito di San Giuseppe la Vergine lascia fuoriuscire dal manto una mano le cui dita sottili emergenti dall’ombra rammentano quelle dell’adultera del quadro testé citato.
“Nella Fuga in Egitto la testa del S. Giuseppe, pur improntata secondo modelli di stampo naturalistico stanzionesco, è concepita attraverso il puro abbozzo cromatico che disperde l'analisi minuziosa dell'epidermide in un impasto materico grumoso e sfuggente, allo stesso modo in cui il Bambino, investito dalla luce, perde la consistenza corporea. Questa riacquista maggiore forza nel Battesimo di Cristo, dove si assiste alla delineazione di figure giganteggianti sull'esempio di M. Preti, ma sottoposte ad un luminismo più tenero e duttile, vicino al Giordano”(Pavone).
Ancor più approfondita è l’analisi dei due dipinti da parte della Gallichi Schwenn, la quale sottolinea nel Riposo nella fuga in Egitto la matrice marattiana della composizione in contrasto con la figura del San Giuseppe pienamente caravaggesca, mentre l’Angelo custode si rifà alle delicatezze del Reni, con il suo mantello svolazzante, che imprime dinamismo alla composizione. La tavolozza è quanto mai originale, infatti la Madonna indossa una veste rosa chiaro ed un mantello azzurro, che nelle parti più luminose provoca un effetto giallastro, mentre le ali dell’angelo riflettono dei chiari e degli scuri di un argento dorato.
Nell’altra composizione San Giuseppe è sul letto di morte con Gesù chinato su di lui, mentre a sinistra vi è una bella e giovane donna inginocchiata con accanto l’Arcangelo Michele che atterra Lucifero con la sua gamba muscolosa. Alla scena assistono un nugolo di angioletti ed una dolce figura femminile, forse Maria, con il volto addolorato. Ora i colori sono più robusti, dalla corazza verdognola dell’angelo al mantello rosa che vira verso il violaceo. Intorno al moribondo domina il marrone dorato ad eccezione della figura del Gesù, che porta una nota rossa nella veste ed una blu nel mantello.
Il De Dominici si dilunga nella descrizione delle opere dipinte nell’oratorio dei nobili in San Francesco di Paola, sotto il titolo di Nostra Signora de’ Sette dolori, ove vi era la più completa raccolta dell’attività del Farelli.
Egli ci ricorda affreschi che furono distrutti e tele che andarono disperse al momento della demolizione di San Luigi di Palazzo, avvenuta nel 1810 per ordine di Gioacchino Murat, allo scopo di realizzare il Foro Gioacchino, nel cui ambito, utilizzando un precedente progetto murattiano, fu costruita nel 1816 da Ferdinando I di Borbone l’attuale chiesa di San Francesco di Paola.
Il biografo descrive due tondi con puttini intenti a sostenere gli strumenti della Passione, dipinti con buon disegno e delicato impasto di colore e due affreschi, uno raffigurante la Resurrezione del Redentore e l’altro l’Assunzione della Beata Vergine.
Vengono poi segnalate le tele che oggi si trovano nella chiesa di San Ferdinando, ad eccezione dell’Orazione al tempio di S. Anna e San Gioacchino per ottenere la prole quando vennero scacciati dal sommo sacerdote che risulta dispersa, mentre le altre sono attualmente così collocate: la Nascita della Vergine(fig. 4) nella seconda cappella destra, la Presentazione al Tempio(fig. 5) nella prima cappella sinistra, la annunciazione (tav. 8) nella seconda cappella destra, la Visitazione ed il Sogno di san Giuseppe conservati nella sacrestia.
Il De Dominici segue a fornirci una dettagliata lettura iconografica di otto tondi ad olio: il primo raffigurante S. Isidoro, il secondo l’immagine di San Francesco di Paola, che, essendosi consumata per l’umido venne ricopiata dal suo discepolo Francesco Manzini. Gli altri sei tondi rappresentavano puttini con tra le mani gli attributi e le glorie della Beata Vergine.
La volta era tutta affrescata con 4 storie: l’Orazione di nostro Signore nell’orto, la Cattura di Cristo, la Crocefissione e l’Angelo che parla alla Maddalena. Vi erano poi vari profeti ed altre storie: la Purificazione, la Fuga in Egitto, la Disputa tra i dottori, l’Andata al Calvario, la Deposizione dalla croce ed infine la Sepoltura di nostro Signore.
Per il primo affresco delle quattro storie del Nuovo Testamento il De Dominici indica la data del 1668, quando l’artista comincia a realizzare il vasto ciclo decorativo per l’Oratorio dei Nobili, detto di Nostra Signora dei Sette dolori, il quale aveva sede nel chiostro di San Luigi di Palazzo, completato solo nel 1691 a seguito di una lunga controversia con i Fratelli della Congregazione.
Ritorniamo ora alle cinque tele conservate nella chiesa di San Ferdinando per sottolinearne il disegno accurato ed i colori chiari, caratteristici dei modi del Farelli negli anni Sessanta, ma soprattutto ”i ricchi panneggi che accompagnano il saldo impianto volumetrico dei corpi, i brani di natura morta – vasellame di rame in particolare - inseriti ai margini della composizione, le elaborate acconciature che disegnano i languidi ovali dei volti femminili, le mani moderatamente rigonfie  e con unghie perfettamente ritagliate; mentre fasci di luce, nel solco della locale tradizione naturalista, fanno emergere le figure dal fondo scuro, evidenziandone consistenza di apparenze, ma anche, per le sostanziali preferenze accordate dal pittore alle tendenze classiciste negli anni ’50, compostezza e garbo di gesti e atteggiamenti”(Monaco).
Nell’Arciconfraternita della Madonna del Rosario nella chiesa di San Domenico Soriano sulle pareti si conservano tele sagomate del Farelli, alcune datate 1703. Esse, in precario stato di conservazione appalesano una caduta nella qualità dello stile, fiacco e ripetitivo e  rappresentano, a sinistra dell’altar maggiore, l’Annunciazione, la Visitazione e la Natività ed a destra la Caduta sotto la croce, l’Incoronazione di spine e la Presentazione al Tempio(frammentaria).
Del 1703 è anche la data del dipinto di Airola raffigurante un Gesù Cristo in gloria che mostra l’ostia  (fig. 6) conservato nella chiesa dell’Annunziata ad Airola, il quale presenta in basso a destra l’iscrizione J.us Farelli F.
Alla fase finale della sua attività spetta poi il quadro posto sopra la porta d'ingresso della distrutta chiesa di S. Luigi di Palazzo (1705), "ove con una infinità di figure rappresentò l'incontro del Santo col Re di Francia Ludovico XI, che lo venne ad incontrare, con molti belli accompagnamenti che fan ricca la storia" (De Dominici).
Achille della Ragione

Ultimo aggiornamento Domenica 07 Ottobre 2012 10:06
 
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