Addormentarsi con un Caravaggio
Visita senza immagini ad una straordinaria collezione di dipinti. Il personaggio di cui voglio parlarvi è un vero principe della cultura, esperto di storia dell’arte e tra i massimi specialisti del pittore oggi alla moda, l’unico in grado anche con un solo suo dipinto in mostra di attirare fiumi di visitatori, desiderosi di sostare davanti ad un suo quadro e poter poi raccontare: era un vero capolavoro. L’incontro era fissato per il pomeriggio, grazie ai buoni uffici di Pietro, un professore mio amico, che si era offerto di presentarci.
Il principe abita in una stradina della vecchia Roma, un palazzo apparentemente modesto. Saliamo al quarto piano con l’ascensore e quando entriamo veniamo accolti da una marea debordante di libri d’arte, che occupano ogni angolo della casa, straripando dagli scaffali ed impossessandosi di ogni spazio disponibile, al punto che muoversi è una vera impresa, anche perché l’abitazione è posta su due livelli con lunghi corridoi e temerarie scalinate, che si affrontano con timore reverenziale, a stento rincuorati sapendo che di recente sono state scalate con successo anche dal centenario Denis Mahon, una leggenda della storia dell’arte. Alcune stanze si aprono su piccoli e grandi terrazzi e su uno di questi ci accomodiamo per trascorrere alcune ore di colta conversazione, pasteggiando una bottiglia di prosecco di Valdobiadene veramente squisita, intitolata dalla ditta produttrice al nome del grande pittore e regalata in cospicue quantità all’esimio studioso per onorare uno dei massimi conoscitori dell’artista. Avevo portato con me il Secolo d’oro della pittura napoletana, una mia fatica in dieci tomi per farne dono al padrone di casa, speranzoso fosse un adeguato biglietto di presentazione. Passiamo oltre un’ora in un entusiasmante giochetto culturale, cercando di indovinare il nome degli autori rappresentati nella prima e quarta di copertina dei vari fascicoli. Pietro partecipa fuori gara, conoscendo già da tempo l’opera, mentre l’anfitrione e la sua giovane e colta compagna Ferdinanda (nome di fantasia) alternano nomi precisi a vistose cantonate. Il tempo vola letteralmente nella conversazione, tra progetti di visite a mostre, collezioni private ed importanti rassegne antiquariali prossime ad inaugurarsi. La casa, oltre a possedere 40 - 50.000 libri, è ricca di un centinaio tra dipinti e disegni, la quasi totalità inedita e tutti di grandissimo interesse e di straordinario valore venale. Naturalmente è d’obbligo una visita guidata dall’esimio proprietario, il quale di ogni opera conosce vita, morte e miracoli. Per assoluta mancanza di spazio solo metà dei quadri è affissa alle pareti, mentre molte decine, anche se di autori degni di figurare in un museo, sono malinconicamente accatastati in attesa di una superficie libera. Gli autori rappresentati coprono tutta la pittura europea del ‘600 e del ‘700 e descriverli sarebbe impresa improba, in mancanza anche delle foto, per cui mi limiterò a commentare i quadri napoletani, ricordando che sono tutti inediti. Parto da uno spettacolare San Sebastiano curato dalle pie donne del Ribera, di grosse dimensioni e di altissima qualità, del quale ricordo, nei depositi di Capodimonte, una rovinata copia attribuita al Giordano nel regesto uscito di recente. Vi è poi una replica autografa, sempre di Luca, della Maddalena penitente conservata al Prado, che i curiosi potranno vedere da me pubblicata sul Secolo d’oro(vol. 5, pag. 304). Di autori considerati napoletani d’adozione: Mattia Preti ed Artemisia Gentileschi vi sono poi una figura di Santo, non ricordo se fosse San Pietro ed una muscolare Aurora, che fu esposta alla mostra di Roma sull’artista ed è reperibile tra le pagine del catalogo. Entrambe le tele appartengono però al tempo dei soggiorni romani dei due pittori. Di Salvator Rosa vi è uno splendido disegno, visibile in una stanzetta che funge da esposizione del settore grafica e dove vi sono una ventina di fogli. Un bozzetto di Solimena non mi ha entusiasmato particolarmente, forse perché realizzato intorno al terzo decennio del Settecento e dell’artista prediligo la sua produzione seicentesca. Il Luca Forte, pubblicato come tale in un catalogo antiquariale e raffigurante dei funghi posti su di un piano dì appoggio, mi ha lasciato perplesso per l’attribuzione, perché non ho percepito avvicinandomi alla tela quell’afrore napoletano, che colgo quasi sempre, una sorta di sindrome di Sthendal, ogni qual volta mi soffermo ad ammirare un quadro realizzato all’ombra del Vesuvio. Ritengo, anche per il soggetto, trattarsi di pittura settentrionale, forse lombarda, al massimo, come latitudine, fiorentina. Tra i quadri in attesa di uno spazio espositivo vi è poi un San Gennaro pubblicato da Michael Stougthon come Battistello Caracciolo dopo l’uscita dell’opera omnia a cura di Stefano Causa. Una tela a carattere devozionale che non suscita particolari emozioni e che mi lascia qualche ragionevole dubbio sull’autografia. Infine vi sono poi due eccezionali Stanzione, il primo una fanciulla dal seno prorompente, parzialmente coperto da un manto trasparente che esalta maggiormente la nudità e che si offre candidamente allo sguardo libidinoso dell’osservatore. Un primo piano da perdere la testa, al quale non avrei saputo rinunciare se lo avessi conosciuto prima di scrivere il mio saggio sul Seno nell’arte dall’antichità ai nostri giorni. L’altro Stanzione è un piccolo bozzetto, certamente autografo, anche se sono rimasto sbalordito sentendo il mio ospite affermare trattarsi del modello preparatorio di un’opera perduta, che si trovava a Roma nella chiesa di San Lorenzo in Lucina. La visita guidata si completa arrivando nella stanza del principe, piccola, con un letto matrimoniale e tanti quadri esposti, i più cari, e tra questi mi soffermerò su un’originalissimo Poussin di argomento mitologico, che propone in primo piano una invitante fanciulla nuda con le cosce divaricate, che fanno chiaramente vedere quella che poeticamente Courbet denominava l’ origine del mondo. Il quadro quando venne comprato, negli anni Cinquanta, proveniva da un monastero laziale ed un mano pietosa, aveva ricoperto in tempi remoti le sfacciate fattezze della giovinetta, trasformandola in una martire addormentata, per non turbare i pensieri casti delle monachelle, costringendole a riparatrici contrizioni. Un accorto restauro aveva poi svelato lo spirito primitivo della composizione, un inno pagano che esaltava la bellezza del corpo femminile. Una piccola natura morta, che ho saputo poi presenta sul retro una firma strepitosa, attirò la mia curiosità, ma alla mia richiesta su chi fosse l’autore, ho ricevuto una diplomatica quanto laconica risposta:”Non lo so”. Il soggetto rappresentato sono dei fiori variopinti in una boccia di cristallo, la quale è realizzata in maniera mirabile con una lucentezza ed una trasparenza che tradiscono una mano famosa. Ho pensato al Maestro di Hartford, una figura prestigiosa, attiva a Roma, a cavallo tra XVI e XVII secolo ed ancora non ben delineata dalla critica. La parte superiore con dei fiori spampanati ed alieni alla nostra flora mi hanno fatto invece pensare ad un francese, ma lo stridente contrasto di qualità tra contenitore e contenuto, continuano a lasciarmi perplesso. L’ultimo dipinto è religiosamente preservato da una tendina, come una reliquia, come un’immagine sacra davanti alla quale pregare o sostare in meditazione. La sorpresa lascia stupefatti quando si può finalmente ammirare l’oggetto così accuratamente conservato. Si tratta di un Caravaggio, il celebre Fanciullo che monda un frutto, uno dei pochissimi esemplari fuori dai musei. Se la memoria non mi tradisce ve ne è soltanto un altro, di non certa attribuzione, nella collezione di una stramiliardaria americana, mentre il nostro è confessato e comunicato, ultra documentato ed ineccepibile. E parlando di vile denaro, il principe, bisogna oramai che lo chiami così, mi ha confessato di aver rifiutato per il suo quadro, anni fa, un’offerta di decine di miliardi. E sono certo abbia fatto la scelta migliore, perché, anche potendosi coricare con Ferdinanda, una ragazza più giovane di trenta anni, addormentarsi guardando un Caravaggio è un privilegio unico, indimenticabile, inestimabile. Achille della Ragione
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