Agosto 1968: prima tappa Stoccolma |
NapoliNews - Arte | |||
Scritto da Achille Della Ragione | |||
Martedì 06 Marzo 2007 19:13 | |||
Agosto 1968: prima tappa Stoccolma 1 agosto 1968 Geltrude e Luciano si apprestano a compiere un lungo viaggio attraverso l’Europa, avendo come tappa principale Stoccolma. Erano tempi in cui il fascino della Svezia, terra di vichinghe di rara bellezza aduse alla pratica del libero amore, era irresistibile tra i maschi mediterranei, che ambivano a raggiungere la lontana nazione con la speranza di poter tornare con succose avventure da raccontare agli amici rimasti in città. Luciano possedeva, adoperato nella fabbrica del padre, un pulmino Volkswagen, il quale, tolti i sedili posteriori, divenne una comoda camera da letto viaggiante.Il percorso si snodò attraverso Svizzera, Germania e Danimarca, per giungere tra le intricate foreste scandinave, talmente fitte che bastava inoltrarsi per pochi metri allo scopo di soddisfare una improcrastinabile funzione fisiologica per sperdersi. Più di una volta lo spavento fu forte ed il ritorno all’ovile possibile grazie a potenti richiami a squarciagola. Appena giunti nella capitale nordica prendemmo alloggio nei pressi dell’ostello, tra i più belli d’Europa, collocato su di una nave attraccata al molo di uno dei numerosi canali che attraversano la città. Lo scopo era duplice: da un lato poter usufruire, spacciandosi per clienti, delle strutture dell’albergo galleggiante per docce, rare, ed evacuazioni varie, quotidiane; dall’altro per poter tenere sotto stretta osservazione il via vai di pulzelle di varia nazionalità, alcune ultraminorenni, che costituivano un ideale terreno di caccia per due arrapatissimi galli meridionali. Già dal primo giorno riuscimmo, nonostante il nostro inglese scalcinato, a rimorchiare due fanciulle niente male provenienti dal sud della Francia. Destinazione una simpatica balera nota per prediligere balli lenti, l’ideale per i contatti ravvicinati. La serata fu simpatica ed io potetti scegliere la ragazza più bella grazie alla proverbiale bruttezza del mio amico Luciano, che univa ai tratti scimmieschi del volto una totale incapacità a calamitare l’attenzione femminile. Non riuscimmo però a raggiungere lo scopo che ci eravamo prefissi: la trombatura e ci accorgemmo che le francesi, come le italiane dell’epoca, avevano costumi sessuali molto morigerati. Bisognava puntare senza indugi sulle vichinghe e cercare un luogo ancora più favorevole a concludere la scorribanda. Ci avevano parlato di un locale dove le acchiappanze si facevano con lo sguardo, fissando la preda con un intenso sguardo sessuale e scambiandosi perentori messaggi attraverso un intricato servizio di posta pneumatica tra i tavolini. Pensai che il mio amico Luciano con la sua faccia di c… avrebbe mietuto successo. Poi la scelta cadde su una balera notoriamente frequentata dalle più belle donne di Stoccolma, dove l’accesso maschile era consentito soltanto a marocchini, italiani e negri. All’ingresso sul polso veniva apposto un timbro, che consentiva di poter rientrare nel locale dopo aver fugacemente frequentato la boscaglia circostante con qualche procace fanciulla razziata tra un complimento audace ed un ballo avvinti come l’edera. L’abitudine di marcare i clienti fu da noi abilmente sfruttata per entrare nel locale per vari giorni senza fare un nuovo biglietto. Bastò infatti ricoprire con un cerotto il timbro per evitare che sbiadisse ed il gioco era fatto. Lì finalmente riuscii a rimorchiare una biondissima fanciulla che, senza tanti inutili preamboli, mi invitò a casa sua a placare i miei istinti repressi. Al mattino mi accorsi che abitava, da sola nonostante avesse appena diciotto anni, nel mezzo del bosco ed ebbi timore a ripercorrere la strada verso il nostro pulmino parcheggiato nei pressi della discoteca. La ragazza comprese la mia paura e si offrì di accompagnarmi, anzi, giunti a destinazione, disse candidamente che poteva trattenersi con me per il tempo che desideravo. Nel frattempo la nostra Volkswagen ospitava cinque dormienti, perché avevamo reclutato tre autostoppisti, un napoletano Renato, un romano ed un alto atesino, allo scopo di dividere le spese per la benzina. Inge non si preoccupò più di tanto, anche se spazio del nostro giaciglio era ridotto all’osso e non permetteva alcun movimento. Durante le nostre effusioni sessuali notturne tutti gli altri fingevano di dormire ed il mio imbarazzo era tangibile perché la ragazza, al culmine dell’eccitazione, sguaccheracchiava in maniera assordante. Eravamo oramai inseparabili e non riuscivo a trovare un modo per mollare la ragazza. Ci apprestavamo a spostarci verso l’Europa dell’est, ma Inge voleva continuare il viaggio con noi. La visita ad un grande magazzino a più piani mi diede l’occasione per liberarmi di una presenza oramai ingombrante. I molteplici interessi di ognuno ci portavano a visitare piani diversi, dove era esposta varia mercanzia. Ci demmo appuntamento dopo trenta minuti all’ingresso, mentre ad Inge dissi di tornare dopo un’ora. All’appuntamento mancava Renato ed i minuti passavano freneticamente. Temetti di perdere l’occasione, ma poi ebbi l’idea di chiamarlo all’altoparlante. La signorina voleva fare lei l’annuncio, ma le facemmo capire che il nostro amico non avrebbe capito l’idioma straniero. Incautamente mi fu affidato il microfono e colsi l’opportunità per divertirmi e far sorridere i tanti italiani sparpagliati per il negozio “ Figlie e puttane, mocca a mammete, vuoi scendere o t’aggio manna a fan culo, scurnacchiate”. L’appello ebbe un immediato riscontro e potemmo tagliare la corda dopo aver consegnato lo zainetto della fanciulla al personale all’ingresso.
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Ultimo aggiornamento Venerdì 20 Marzo 2009 19:12 |