Bologna: Il caso Sallusti: difendiamo la liberta' d'informazione Dopo che la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 14 mesi di reclusione, per il reato di diffamazione aggravata, al direttore de “Il Giornale”, la Procura di Milano ha optato per gli arresti domiciliari di Alessandro Sallusti. Al centro del processo due articoli ritenuti diffamatori nei confronti del giudice tutelare di Torino, Giuseppe Cociloro, pubblicati nel 2007 sul quotidiano “Libero”, allora diretto da Sallusti. Gli articoli riguardavano il caso dell’aborto di una ragazza tredicenne. Sotto accusa, in particolare, un corsivo firmato con lo pseudonimo “Dreyfus” e scritto, ma questo si è saputo a sentenza scritta, da Renato Farina, un giornalista dello stesso quotidiano “Libero”.
“Siamo di fronte ad un caso, senza precedenti, di un direttore di giornale in carcere per un articolo non scritto da lui. Oltretutto i due articoli incriminati, per la loro limitata entità, non si possono certo considerare una campagna di stampa a scopo diffamatorio. La storia della rettifica non pubblicata mi sembra, più che altro, un pretesto per tappare la bocca a giornalisti che dicono la verità. Non c’è inoltre, a mio avviso, proporzione fra quanto è accaduto e la condanna comminata. Si tratta di una commedia degli equivoci: si è scambiato la critica con la diffamazione, la forza con l’intelligenza. Si chiede con troppa disinvoltura la condanna di giornalisti che hanno confezionato articoli scomodi per chi ha la verità in tasca. La libertà di opinione, la libertà di stampa e la libertà di pensiero vanno difese sempre e comunque. Risulta inquietante il fatto che la polizia sia entrata nella redazione del Giornale per arrestare il suo direttore: è la prima volta che succede in Italia dopo la caduta del Fascismo. Desta perplessità anche il fatto che nella sentenza della Corte di Cassazione, Sallusti sia stato qualificato come persona dalla “spiccata capacità a delinquere”. Esprimo perciò la mia solidarietà al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, che ha rifiutato i domiciliari e che vuole andare in carcere come tutti: un comportamento che vuole essere una provocazione, ma anche un forte richiamo alla necessità di difendere il sacro principio della libertà di stampa”. Fabio Filippi Bologna, 02 dic. 2012
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